L’estate può attendere

Posted in Appennino Tosco-Emiliano, neve, scialpinismo, scivici with tags , , , , , on luglio 7, 2009 by scivici

E’ possibile sciare il 5 Luglio in appennino?

Se pole… se pole…

Qui trovate il report e qui le foto!!

XXXV Coppa Monte Vettore

Posted in monti sibillini, neve, scialpinismo, scivici with tags , , , , on giugno 15, 2009 by scivici

Metà giugno Castelluccio, Monte Vettore.

Week-end all’insegna della montagna e del divertimento.

Il resoconto della giornata lo trovate qui

Le foto, come al solito, su Flickr

La linea

Posted in linea, scivici, viaggi with tags , on aprile 21, 2009 by scivici

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Da piccolo la linea era quella che tracciavo con pennarelli, pastelli e  matite sui fogli a protocollo di babbo e mamma: imitavo quei fogli pieni zeppi di numeri che conoscevo a mala pena e di segni strani composti da linee, archi e croci. Questi non avevo veramente idea di cosa fossero, ma sembravano cose serie. Le linee rappresentano cose da grandi.

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Qualche anno più tardi la linea più familiare diventò un simpatico cartone, animato da una sola linea bianca che scorrendo sullo schermo scuro animava il personaggio nasuto e simpatico. Le linee non sono solo rette.

Poi vennero l’educazione tecnica e la geometria ed allora le linee diventarono quelle geometriche tracciate con squadra e righello. La linea diventò un’ entità seria riconducibile alla rappresentazione grafica di un problema. Niente divertimento, le linee sono cose serie.

Qualche anno più tardi al liceo la linea era quella da 3 punti del campetto da basket del Villone Puccini , era quella della porta arancione del campo da hockey e della Lazzi che ci portava a sciare nei giorni di assemblea di istituto o di qualche giorno rubato alle lezioni. La linea era quella sottile che percorrevo per studiare il meno possibile e riuscire lo stesso ad accontentare i genitori professori e i loro colleghi. La linea era quella che seguivo idealmente scorrazzando per tutta la provincia con il mio SI celeste in cerca di emozioni combinando milioni di cazzate.

Poi viene l’università, linee geometriche ancora più complesse ed importanti e coglioni insigniti del titolo di Docenti Ordinari ti impongono le loro linee senza senso, confidando nel fatto che gli studenti sono pecore e seguiranno la loro linea senza fare domande scomode o peggio intelligenti.

Ormai lo posso dire, vaffanculo baroni di merda, abbiamo finito l’università NON GRAZIE alla vostra linea ma NONOSTANTE la vostra linea. Vaffanculo. Le linee sono cose per gli altri.

La linea diventa allora quella del traguardo, quella della laurea ma ti accorgi appena la varchi che non era la TUA linea ma la linea che la società ti aveva inconsciamente indotto a seguire. Le linee sono cose per persone serie.

Per la prima volta ti accorgi che tutte le linee che hai disegnato, seguito, incrociato, studiato, attraversato sono linee pensate e volute da altri.

Ed eccoti a cercare la TUA linea. Ma sei confuso, non capisci ancora quali siano le linee che pensi te e quelle ancora pensate degli altri.

Ma un giorno un amico mai incontrato, un pazzo visionario innamorato della sua linea, un tale che nella vita forse non ha mai fatto niente di utile tranne ostinarsi a seguire la sua linea te la sbatte davanti al muso. La tua linea NON ESISTE ANCORA. La tua linea non è davanti, ma è DIETRO. La TUA linea è il segno del tuo passaggio, la traccia del tuo percorso, l’impronta di quello che hai appena fatto, il ricordo che lasci nelle persone incontrate in paesi lontani, la stima negli ex colleghi di lavoro.

Ma anche la tua linea EFFIMERA ha un valore. Lassù quando scegli un pendio da tacciare ed inizi a scendere, quella che lasciano i tuoi sci non è una semplice linea, ma è LA TUA LINEA, è quella che rappresenta chi sei, cosa cerchi, come e quanto ti metti in discussione. E’ la metafora della tua vita. E’ il disegno che un bimbo traccia con la sua matita preferita, e’ la scia di un aereo che vola lontano, è la strada che percorre un giudice fatto esplodere dalla mafia, è il vecchio sentiero percorso per migliaia di anni dalle popolazioni andine, è la grafia dello scrittore che narra di antiche ingiustizie, è il gesso del professore che insegna senza salire in cattedra, è la parola del giornalista che crede nel suo lavoro, è il sentiero fra le risaie percorso ogni giorno dal contadino cambogiano, è la scia della barca del pescatore del centro America che difende con i remi le sue reti dai pescherecci delle multinazionali, è l’impronta dei pattini della slitta del cacciatore Inuit, è la scarpa del giornalista iracheno, è la battuta del comico che ferisce perché tragicamente vera, è il sorriso di un bambino nelle strade di Gaza, è la lacrima di una mamma davanti alla bandiera a stelle e strisce ripiegata sopra la bara, è il confine di uno stato più giusto.

disegno

La tua linea è la forza di vederla.

La tua linea è la forza di tracciarla.

La tua linea è la forza di non dimenticarla.

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Ringrazio i due bambini per il loro disegni trovati in rete.

Via del Campo

Posted in Fabrizio de Andrè, Genova, scivici, via del campo, viaggi with tags , , on marzo 11, 2009 by scivici

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Questo articolo,  un misto di canzoni, emozioni ed immagini è un omaggio ad un amico che siamo andati a trovare e  agli amici che erano con me. Un omaggo anche ad una città ed alla gente che la abita

Via del Campo c’è una graziosa
gli occhi grandi color di foglia
tutta notte sta sulla soglia
vende a tutti la stessa rosa

Le graziose si sono spostate, appena qualche traversa verso l’interno, in via della Maddalena o forse via delle Vigne. Importa?

Non sono più genovesi, neanche italiane ,o forse peruviane o colombiane o nigeriane. Occhi neri. Importa?

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Noi le abbiamo incontrate mentre non vendevano rose ma parlavano in perfetto spagnolo al cellulare e battevano con più dignità di quella con la quale molti dei nostri parlamentari siedono sugli scranni di Montecitorio rifiutandosi di dare le  impronte digitali per il riconoscimento del voto. Importa?

E ti sembra di andar lontano
lei ti guarda con un sorriso
non credevi che il paradiso
fosse solo lì al primo piano

Lo sguardo spazia dai vicoli angusti della città vecchia dove il sole del buon dio non dà i suoi raggi, ma giù vicino a via del campo si apre sul “porto nuovo” tirato a lucido nelle luci del tramonto.

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Via del Campo ci va un illuso
a pregarla di maritare
a vederla salir le scale
fino a quando il balcone ha chiuso

Anche l’illuso ormai se n’ è andato, ha lasciato posto a genti di altri colori che si sono appropriati degli spazi lasciati vuoti dell’ignoranza e dall’indifferenza.

barboni

Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente

dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior


fiori

No, no è il paradiso. Ma sicuramente mi è più congeniale che la casa di qualche noto reality.

genova

E se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli all’ora del “cielo blu” e ti volterai ad ammirare quel dedalo di vie che si accendono di lampadine dai mille toni di temperatura,  e…

Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo

I personaggi ritratti nelle foto sono 2 simpatici barboni che si scaldavano al sole del mattino sulle panchine del porto e la Vale, compagna di questo viaggio

Ripido

Posted in neve, powder, sci ripido, scialpinismo, scivici, Uncategorized with tags , , , , , on febbraio 20, 2009 by scivici

Quanto è ripido?

Nessuno te lo può dire, nessuno lo può misurare, perché è la misura di uno stato d’animo… il tuo stato d’animo.

E’ lo stato d’animo che hai quando metti gli sci sulle lamine e non vorresti mai fare quella maledetta prima curva. E’ lo stato d’animo che hai quando riesci a mettere da parte i problemi, e fai una cosa per sentire il sangue pulsare e sfidare il tuo cervello ad una partita a scacchi con i tuoi limiti.

Non senti più il vento, il freddo, la fatica, ma solo il rumore del tuo cuore che picchia diretto in gola. Lo sai che la farai quella maledetta prima curva, ma devi violentare il tuo senso del limite che ti impone di fermarti. Devi riuscire a imporre al tuo cuore di pompare del sangue  nelle gambe che sono molli.

Ma sei ancora fermo, non capisci perché sei lì. Qual è il margine che hai in questa discesa?  Quali rischi comporta una caduta? Sai che  basta entrare sul pendio e fare quella maledetta prima curva e poi tutto attorno assumerà un contorno sfumato, i suoni saranno ovattati e sarai pervaso da uno stato di benessere che ti cullerà a lungo.

Stringi i bastoncini nelle mani sudate, provi a spingerti giù, ma ancora non riesci a muoverti. Ti manca ancora qualcosa. Controlli con la punta del bastoncino la consistenza della neve come a trovare una scusa per non scendere.  Ma è perfetta. Stringi ancora i bastoncini, adesso le mani quasi ti fanno male. Cosa ti manca? Ti manca il motivo per cui sei su quel pendio e aspetti di fare una stupida curva…

Poi capisci, ricordi e non ti manca più niente. Non è una prova di abilità, non vuoi dimostrare niente a nessuno, non sei alla ricerca del tuo limite.  Stai cercando di sentirti vivo, di impedire che il tuo sangue ristagni senza emozioni ed i tuoi neuroni impazziscano alla ricerca del benessere che serve solo per ingabbiare  la tua voglia di fare quella maledetta curva.

E allora ti spingi, le lamine graffiano la neve, allenti la  presa di spigolo, pieghi, distendi, i tuoi sci si staccano leggeri dalla neve inverti e ricadi molto più in basso, molto più leggero e molto più vivo.

E allora sai che quel pendio è ripido esattamente quanto volevi che fosse.

Ciak, si gira

Posted in Appennino Tosco-Emiliano, neve, polvo, powder, scialpinismo, scivici with tags , , , on febbraio 1, 2009 by scivici

A parte il dito guantato che si intravede in alto a sinistra, il primo ciak non è  malvagio….almeno per chi è appassionato di curvette in polverina soffice….


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Inserito originariamente da sci.vici

Il resto delle immagini come al solito lo trovate su Flickr

Posted in Uncategorized on febbraio 1, 2009 by scivici



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Inserito originariamente da sci.vici

Open source

Posted in linux, open source, scivici, ubuntu with tags , , , on gennaio 30, 2009 by scivici

Forse qualcuno di voi si sarà chiesto come mai compaia la parola “Open Source” nel titolo del mio Blog. Molti di voi forse non ci avranno neanche fatto caso. Forse tutti lo sapete già.

Ma c’è qualcuno che si è incuriosito di come mai quel coglione del Vici lo abbia fatto? E magari abbia spippolettato un pochino per cercare di capire o abbia visitato il link di Ubuntu ?

Su wikipedia cercando la parola open source si legge che:

In informatica, open source (termine inglese che significa sorgente aperto) indica un software i cui autori (più precisamente i detentori dei diritti) ne permettono, anzi ne favoriscono il libero studio e l’apportazione di modifiche da parte di altri programmatori indipendenti. Questo è realizzato mediante l’applicazione di apposite licenze d’uso.

La collaborazione di più parti (in genere libera e spontanea) permette al prodotto finale di raggiungere una complessità maggiore di quanto potrebbe ottenere un singolo gruppo di lavoro. L’open source ha tratto grande beneficio da Internet, perché esso permette a programmatori geograficamente distanti di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto”

A volte invece di parlare di open source si parla di Software libero e copyleft (gioco di parole con copyright…intendi?) che in sintesi è espresso dalle 4 libertà:

  • Libertà di utilizzare il programma per qualsiasi scopo
  • Libertà di studiare il programma e modificarlo
  • Libertà di copiare il programma in modo da aiutare il prossimo
  • Libertà di migliorare il programma e di distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio

Ma vi chiederete cosa c’entra tutta questa sbobba informatica con il Vici?

Vi ricordate il WTO, lo scontro per i diritti di proprietà intellettuali ed il tentativo da parte di alcune multinazionali di brevettare forme di vita “scoperte” da loro in Amazzonia?

E adesso vi chiederete  che c’ entra il WTO con la fotografia con il Vici e con lo sci.

Niente, anzi tutto.

Provate a pensare a cosa potrebbe succedere se il sapere collettivo fosse messo a disposizione dell’umanità per una crescita globale e non per il profitto dei singoli?

Adesso con un piccolo passaggio di logica sostituiamo alla parola “programma” delle 4 libertà un qualsiasi concetto.

Adesso capite perché anche la fotografia o lo sci possono essere open source?

E perchè anche le ricette dell’Ema o le finestre del Giaconi non possono esserlo?

Portando avanti il ragionamento con una piccola estrapolazione, penso che siamo noi che dobbiamo cambiare mentalità e diventare open source.

Tutti i cambiamenti delle nostre abitudini volti ad abbattere gli schemi mentali prestabiliti o modificare i condizionamenti sociali, implicano uno sforzo: la buona notizia è che il nostro cervello è fatto apposta per pensare in modo libero.

Per chi avesse voglia di approfondire la cosa, può andare su wikipediea e digitare  “La cattedrale e il bazaar”, oppure vedere cosa significa GNU.

Andiamo adesso sul concreto.

A causa di una efficace opera di marketing planetario, fino ad ora abbiamo creduto che l’unico sistema operativo fosse Windows, che l’unico modo per scrivere sul computer fosse Word e che l’unico modo di navigare in internet fosse Explorer.

Quantomeno ci hanno sempre detto che tutti gli altri sistemi operativi hanno così tanti difetti da non essere utilizzabili.

Io ho provato “un altro mo(n)do”, e vi chiedo di farlo anche a voi. Vi chiedo di provare a installare linux sul vostro computer e di utilizzarlo per qualche mese. Dopo potrete “liberamente” decidere se utilizzarlo o no.

Aqui hay mucho Polvo!

Posted in Appennino Tosco-Emiliano, campolino, neve, polvo, powder, scialpinismo, valle del sestaione with tags , , , , , , on gennaio 25, 2009 by scivici

Sono sicuro che, chi ha avuto la fortuna di viaggiare in sud america, associa alla parola “Polvo” una gioranta spesa su un bus di linea sofraffollato, che arrancando su una strada sterrata sferzanda dal vento, indurita dal ghiaccio e cotta dal sole trascina il suo carico umano in posti lontani. E voi con lui.

E quando si arriva, l’autista con la sua uniforme blu logora e la cravatta con il nodo troppo stretto, ti dice con un sorriso che a malapena nasconde i denti dorati ” aqui hay mucho polvo!”, mentre si scossa la polvere dalla giacca dal taglio fuori moda.

Stamani solo dopo aver sceso i primi 200 metri di bosco tutti di un fiato, avvolto in una nuvola di polvere, sono finalmente riuscito a dominare l’adrenalina a prendere la macchina fotografica. Giusto in tempo per girarsi e vedere arrivare Cesare che ululava come un lupo di una Foresta dello Yukon.

“Anche oggi c’è toccata una giornta incredibile”

Si perchè la giornta era partita i sordina dal parcheggio dell’Eliporto dell’Abetone con gli amici del Soccorso Alpino, diretti al Libro Aperto. Poi, vuoi per defezioni varie, vuoi per la nebbia ed il vento, abbiamo ripreso la macchina e ci siamo diretti verso Campolino.

Mi piace pensare che le prossime volte che vedrò un compagno di gita sorridermi felice per la bella neve si giri verso di me e mi dica…

“Aqui hay mucho polvo!”

This land is your land

Posted in bruce springsteen, pete seeger, this land is your land, woody guthrie with tags , , , on gennaio 19, 2009 by scivici

Sono affezionato a questa canzone. Ricordo che avevo scritto e tradotto il testo sul mio diario di 2° liceo. La cantava Bruce e mi piaceva. Mi piaceva il ritmo folk, il testo idealista, il fatto che fosse stata censurata e mai cantata nella versione originale scritta da Woody Guthrie nel ’40.

Al concerto per l’insediamento di Obama, Bruce e Pete Seeger l’hanno cantata insieme, ma sopratutto hanno cantato la versione non censurata …..

«In the squares of the city, In the shadow of a steeple

By the relief office, I’d seen my people.
As they stood there hungry, I stood there asking,
Is this land made for you and me.

As I went walking, I saw a sign there
And on the sign there, It said, “No trepassing”
But on the other side, It didn’t say nothing.

That side was made for you and me.»

«Nelle piazze della città, all’ombra del campanile

all’ufficio di collocamento, avrei visto la mia gente.
Mentre stavano là affamate, io mi domandavo
se questo paese fosse fatto per te e per me

Mentre camminavo vidi un cartello laggiù;
E il cartello, diceva, “Non oltrepassare”
Ma dall’altro lato [del cartello], non c’era scritto nulla

Quel lato è stato fatto per te e per me.»

Mi piace. Mi piace quel lato del cartello senza scritta che è sempre stato visto come un inno al marxismo, ma che in realtà è l’espressione di una voglia pura di uguaglianza, giustizia e libertà. Adesso è stata cantata davanti al presidente degli Stati Uniti.

Loro ci credono…. forse dovremmo crederci anche noi!!!

..ora mi i piace di più!!!!